Oltre l’Eden (1970) – Alain Robbe-Grillet
Un sogno. Forse è questo ciò a cui Grillet vorrebbe dare forma con la sua opera. Oppure, si tratta di una realtà in bilico tra ciò che è, vorremmo e potrebbe essere, una realtà impercettibile ai sensi, ma che nasce e vive nella mente: la fantasia.
Fin da subito la troviamo al centro della scena: Violette, la protagonista, si trova coi suoi compagni d’università in un bar dall’estetica particolare, chiamato Eden, dove, con la complicità dell’ambiguo barista, incominciano a dare sfogo alla loro più fervida immaginazione attraverso rappresentazioni al limite dell’accettabile. Un uomo misterioso fa visita al locale portando con sé una sostanza stupefacente, che, assunta da Violette, diviene la chiave che apre la porta di una dimensione onirica, surreale, in cui l’inconscio si esprime in tutta la sua forza. Si rompe, così, ogni distanza tra il film e lo spettatore, che viene catapultato direttamente al suo interno, nelle fantasie-desideri della protagonista: condividiamo con lei la sensazione di spaesamento, confusione e turbamento che il film riesce a provocare, grazie a una particolare tecnica di montaggio che ricrea mirabilmente l’atmosfera propria dei sogni, ovvero l’impressione di vagare nella mente in balia di desideri e fantasie.
La storia è narrata da una voce fuori campo, presumibilmente della protagonista, e i dialoghi sono ridotti all’essenziale, accentuando così il carattere onirico e surreale del film. Tecnicamente impeccabile, si distingue soprattutto nella sua componente visivo-estetica, grazie all’uso sapiente di tre colori predominanti, bianco, rosso e blu. È stupefacente come Grillet si destreggia col colore, nonostante tutti i suoi film precedenti siano stati girati in bianco e nero. Eppure, il regista era deciso a non proseguire più nella sua attività cinematografica proprio per non dover usare il colore, data la sua specifica avversione per il verde. L’idea di Oltre l’Eden gli venne durante un viaggio nel sud della Tunisia, dove rimase affascinato dai paesaggi naturali di Djerba caratterizzati in modo preponderante dall’azzurro-blu e dal bianco, quasi del tutto privi del verde tanto detestato.
Un’opera che può essere vissuta diversamente da ognuno, un inno all’espressione della fantasia, uno sfogo alle parti più recondite dell’essere umano, in cui sogno e realtà si confondono diventando tutt’uno.
Voto: ★★★★☆