Mrs. Fang (2017) – Wang Bing
“Ho concepito Mrs. Fang mentre stavo girando un precedente film, nel 2015. Ho conosciuto una donna e ho fatto dei sopralluoghi nel suo villaggio, immaginando di fare un documentario su quella gente, ma poi mi sono soffermato sulla madre della persona che avevo conosciuto. Il progetto è rimasto in sospeso finché quella donna mi ha telefonato, dicendo che sua madre era gravemente malata e le rimaneva poco da vivere. Così mi sono precipitato nel luogo e ho raccolto gli ultimi giorni di vita della donna e dei famigliari al suo capezzale.” – Wang Bing
L’ultima opera di Bing è qualcosa di abbastanza atipico nella sua filmografia sia per la esigua durata di soli 86 min sia, soprattutto, per la tematica affrontata che si distanzia da quella tendente al socio-politico e più generale delle sue altre opere, concentrandosi qui in una dimensione prettamente intimistica e ristretta, quella familiare di Mrs. Fang.
Fang Xiuying del titolo è una signora di sessantasette anni che soffrendo da diversi anni di Alzheimer, con sintomi avanzati, dopo un trattamento inefficace, è stata mandata a casa. Qui, ridotta in uno stato vegetativo, quindi priva di coscienza, completamente inane, è distesa sul letto circondata dai parenti e vicini che riuniti al suo capezzale l’assistano nei suoi ultimi giorni di non-vita o meglio sono in attesa che ella esali il suo ultimo respiro per scoppiare finalmente in quel dolore che sembra destinato a non manifestarsi finché non sia giunta quell’ora fatidica, in cui l’anima abbandona definitamente il corpo.
L’attesa è protagonista indiscussa di quest’opera ancora più dell’anziana signora morente. L’attesa di un trapasso, di un lutto che è soffocato da un flebile respiro vitale che percorre ancora un corpo che ormai è solo un involucro di carne che tuttavia (r)esiste. I parenti e gli amici nella stanza assistono l’anziana, tra un brusio continuo di sottofondo e la televisione costantemente accesa, sembrando non curanti molto di quel volto, segnato dall’età e soprattutto da quel male che l’ha condotta nell’oblio, rubato il passato, spezzato il presente e che le sta consumando lentamente il futuro. Volto che è quasi sempre rivolto nel vuoto come se volesse fissare almeno nell’aria un’esistenza destinata a non ritornare mai più. Noi scopriamo un po’ Mrs Fang in quei brusii, in quelle discussioni da portinai, che descrivono la donna che era.
L’attesa non è solo quella statica della stanza in cui giace Mrs. Fang, ma è anche la vita dei famigliari che procede avanti nella sua routine quotidiana. Sono molte le sequenze in cui Bing segue questi dalla loro attività lavorativa, di pescatori, ai loro momenti di riposo, li pedina attraverso lunghi piano-sequenze senza mai apparire invasivo. Bing, così, contrappone all’immobilità della morte il fluire della vita, perché la vita nel bene o nel male deve continuare.
Noi partecipiamo a questa attesa tramite lo sguardo filmico di Wang Bing che scruta quel corpo rassegnato e rattrappito di Mrs. Fang, nella sua sofferenza riflessa in occhi che sembrano essere poter compresi solo dalla cinepresa (dal cinema), l’inanimato che coglie l’essenza vitale e la fa perdurare tramite il mezzo cinematografico in noi testimoni impassibili. Un’attesa che in un certo senso non sarà mai soddisfatta. Bing, nell’istante in cui la vita abbandona definitivamente l’anziana donna, con grande rispetto retrocede, distogliendo così il suo sguardo filmico dal capezzale, perché quello è un’ istante riservato solo ai familiari, il dolore è solo loro, la morte non è uno spettacolo. Bing, ancora una volta, alla fine si rivela essere testimone silenzioso della vita, e come potrebbe essere altrimenti, il cinema è vivo e non può che esprimere la vita. Non a caso, l’ultima immagine del film si sofferma sull’acqua (simbolo della vita), una barchetta va al largo piano piano in cerca di un pasto per la sera.
Voto: ★★★★☆