Hotel by the River (2018) – Hong Sang-soo
Girato in un austero bianco e nero e traboccante di una malinconia crepuscolare, Hotel by the River è l’opera che più rappresenta il culmine artistico ormai raggiunto dal prolifico autore coreano, che riflettendo come mai sulla vita e soprattutto sulla morte, realizza probabilmente uno dei film più belli degli ultimi anni.
È inverno. Un anziano poeta, che sente stranamente avvicinare la propria morte, soggiorna in un remoto hotel immerso nella neve e collocato lungo il fiume Han. I suoi due figli, con i quali ha perso da anni i contatti, giungono all’hotel a fargli visita. A causa tuttavia di un misterioso fenomeno l’incontro tra i congiunti stenta a verificarsi, nonostante le ridotte dimensioni dell’hotel: padre e figli si perdono a vicenda, si sfiorano solo e quando finalmente si incontrano si perdono di nuovo. Il poeta affronta i figli per tentare di recuperare, almeno prima della propria dipartita, quel minimo di rapporto famigliare che lega un padre ai figli, nonostante sembri però ormai irrimediabilmente compromesso dalla reciproca distanza. I figli infatti non riescono neppure a confidare al padre la loro situazione familiare altrettanto fallimentare: uno ha divorziato e l’altro invece non riesce proprio ad avere delle relazioni con le donne a causa di una strana fobia legata probabilmente ad una madre troppo opprimente.
Nell’hotel soggiorna anche una giovane donna, che dopo essere stata tradita dall’uomo con cui viveva, cerca di riprendersi con il sostegno morale di un’amica. Le due amiche, che trascorrono il più del tempo abbracciate, rannicchiate a letto, alternando brevi passeggiate nella sconfinata distesa di neve, a differenza degli uomini, si confidano genuinamente i loro tormenti d’amore, la meschinità dell’uomo e la tristezza che le pervade.
I due universi, quello femminile delle due amiche e quello maschile del poeta e dei suoi figli, raffigurati dal regista come distanti ed opposti, entrano fugacemente in rapporto tra di loro solo attraverso la figura dell’aziono poeta che, incantato dalla grazia e dalla bellezza delle due donne, viene ispirato dopo tanto tempo a comporre nuovi versi.
Hong Sang-soo con quest’ultima opera si conferma un maestro nel trattare con semplicità tematiche universali come l’amore, la vita e la morte, attraverso il suo inconfondibile stile minimalista in cui fondendo il banale, le minuzie della quotidianità con il cosmico, cerca di rispondere o meglio riflettere su quelle domande senza età che caratterizzano il trascorrere del tempo dell’uomo nel mondo. Un tempo, quello della vita umana, destinato inesorabilmente a terminare così come rappresentato dall’hotel e dal fiume Han, entrambi simboli di transitorietà, uno fisso, l’altro scorrevole.
Voto: ★★★★☆